venerdì 22 gennaio 2010

musica che mi piace: Muse

 Che sia cambiato qualcosa te ne accorgi subito, basta guardare la copertina, un poliedro colorato che sembra caduto lì da un film di Kubrick, o da una cover sleeve degli Yes

Poi, dopo che il cd è scivolato nella materna slitta del lettore, attacca un brano (uprising) che trasporta una ventina d’anni addietro, quando gli Ultravox suonavano “rage in eden”, anche se poi la linea dance si sporca della voce sofferente, che è una specie di marchio di fabbrica dei Muse.

Anche “resistance”, la traccia numero due, pare passata nelle officine dei Depeche e degli Ultravox prima di arrivare nei computer dei Muse, ma “it could be wrong”. E allora, pump on the volume, spuntano tastiere, un pianoforte, una serie di percussioni galoppanti, e la voce, quella. E poi, crescendo, e poi voci ed echi da cattedrali, pop lisergico allo stato nativo. Altro che ventunesimo secolo.

Ecco arrivare, dopo una terza traccia asettica, un piano e la solita voce ispirata, sì, sono proprio i Muse; o sono iQueen? Il dubbio è forte, la costruzione sinfonica, verdiana, del pezzo, rimanda a sonorità neoclassiche, sembra quasi di vedere i baffi di Freddie Mercury fare capolino dal display del lettore cd. E quel passaggio da marcia trionfale dell’Aida? Forse i nostri hanno mangiato qualche strano fungo che li ha rispediti a palla nel passato; un pianoforte solo, un pianoforte che attacca Chopin (un notturno). Leggo il titolo del brano , nascosto tra parentesi c’è un “collateral damage” che lascia intendere che probabilmente un virus mutante si è infiltrato negli spartiti scritti daBellamy, Howard e Wolstenholme. Il passaggio di un jet sulle ultime note di piano rimette le cose a posto. 

La traccia 5 “guiding light” non può non essere un pezzo Muse, con leggera enfasi spiritualistica, e chitarre evangelizzanti, acccompagnate da una processione di percussioni, che fanno da tappeto al sermone vocale diBellamy.

Qualcosa sta uscendo veloce e acido dai box del mio fido Kenwood r-k701. E’ la mitraglia elettrica di “unnantural selection”, la traccia numero sei. Vi suggerisco di ascoltarla ben seduti, anzi legati alla poltrona, altrimenti correrete il rischio di afferrare una scopa e mimare un famoso chitarrista volante davanti allo specchio, sedotti dal ritmo seghettato e urgente. Poi, veloce come era arrivato, rallenta, ritorna sound floydiano da cattedrale gotica, ma è sempre Muse, tranquillo caro il mio fonodipendente, roba buona, da far rizzare i peli sulle braccia. No hope for fate, it’s unnatural selection. Autostrada, datemi autostrada ed un sorpasso pericoloso, arriva negli specchietti la traccia numero sette, Mk Ultra, anche questa ha nascosto uno speed ball tra i byte, accelerano sia il ritmo che le pulsazioni, bisogna aumentare il volume, e che si fotta il rincoglionito del piano di sotto, stasera i Muse suonano più forte della sua tv da cui latrano i brunivespa di regime. Altra sorpresa, nel brano numero 8, compare Saint-Saens. Anche voi, caro Camille, nel caravan stellare con i Muse? Prego, accomodatevi, ci tocca rilassarci, dopo l’adrenalina dei brani precedenti.

E anche le tracce finali hanno costruzione sinfonica, in un clima sonoro da basilica nel deserto, una microsinfonia in tre parti, che aiuta a ricollegarsi con i propri pensieri. La microsinfonia si chiama Exogenesis, e se dovesse capitarmi di girare un film di science-fiction, credo proprio che questa sarebbe la colonna sonora ideale, per la sequenza in cui il modulo di atterraggio si apre, e gli astronauti posano il loro timido piede sul suolo di un pianeta sconosciuto e crudele, dal quale probabilmente non faranno più ritorno.

sabato 16 gennaio 2010

stipendio probabile garantito

 
Carico, carico, cazzo se era carico. E il messaggio era chiaro, anzi chiarissimo.

Vuoi il lavoro? Devi eliminare fisicamente quello che per ora occupa il tuo posto, recitava il bando. Fisicamente, con tutti i mezzi. Possibilmente senza spargimento di sangue, che non si sa mai, con tutti i virus che circolano, basta sbatterlo via dal modulo di produzione, e infilarlo nel recinto dei perdenti.



Qualcuno aveva guardato il vicino di seggiola, mentre il Collocatore spiegava come prendere parte al concorso, cinquanta maledetti posti a stipendio probabile garantito, al Ministero delle Nuove Opportunità.



Non ci aveva dormito, la notte prima. Anche perchè suo padre, il vecchio maledetto, si agitava nel letto, poi si era alzato cinque o sei volte, dannato prostatico, per andare a pisciare, tirando lo sciacquone.



Cazzo, avercelo un lavoro, avrebbe potuto andare a vivere nella residenza cubicolare che il Ministero offriva a tutti i nuovi dipendenti. Una casa propria, anche se cubicolare.



Gliel'avrebbe fatta vedere lui, al concorso, come avrebbe strappato uno di quelli abbarbicati alla scrivania da troppo tempo, gente inutile, improduttiva. Era ora di dare spazio ai giovani, a gente come lui che aveva morso il freno troppo a lungo. Cazzo, se lo sarebbe preso, questo lavoro, a tutti i costi.



Non aveva dormito, la sera prima. Lo aveva saputo alle sette di sera, con l'ultima mail circolare sonora, domani verranno messi a concorso cinquanta posti in questo Ministero, urlava la mail, sono coinvolti gli impiegati del quattordicesimo piano, sezione quinta. La mia, aveva pensato l'uomo. La mia, cazzo, proprio ora che mi mancano solo due anni alla pensione, e mio figlio ancora non ha un lavoro. Passa il tempo a fumare, sul letto, invece di andare in giro e vedere di sbattere quel culo grasso e rimediare qualche soldo. Invece niente, mangiare, dormire, oziare, cagare, bestemmiare e chiedere denaro. Testa di cazzo, e se perdo il lavoro, come faremo?



Alle sette il piazzale davanti al Ministero delle Nuove Opportunità era pieno di gente, alcuni mostravano i muscoli, altri scatenavano scaramucce e risse localizzate, altri ancora fissavano un punto nel vuoto in silenzio, bestemmiando mentalmente ed attendendo che i funzionari del Collocatore aprissero le porte, e poi via, su per le scale, fino al quattordicesimo piano, sezione quinta, a cancellare dal libro paga del Ministero cinquanta parassiti improduttivi, e poter sperare in una retribuzione ed in un alloggio.



La sirena diede il via con un urlo rauco, una massa imbufalita si lanciò verso le scale (gli ascensori erano stati sigillati). Qualcuno fu calpestato, altri non riuscirono ad infilarsi nel flusso tumultuoso di quelli che erano riusciti ad arrivare alle scale, altri ancora si massacrarono di botte, dopo meno di un minuto le porte metalliche del Ministero vennero richiuse; alcune gambe e braccia restarono impigliate, i funzionari del Collocatore scesero nel piazzale dagli elicotteri, e a colpi di manganello elettrico fecero allontanare tutti quelli che non erano riusciti ad entrare nel palazzo del Ministero.

Al quattordicesimo piano, sezione quinta, gli impegati si preparavano alla resistenza. Molti di loro avevano conquistato il lavoro allo stesso modo, alcuni anni prima, e si ricordavano bene di come avevano strappato via dalle postazioni i vecchi parassiti che le occupavano.

Il rumore proveniente dalle scale si fece intenso, un rombo, poi una vibrazione sismica scossero l'ufficio, un'orda di barbari feroci invase l'open space, alcuni puntarono alle postazioni lavoro più vicine, altri si lanciarono in direzione di quelle più distanti dall'ingresso, sperando di incontrare minor resistenza.



Cazzo, ora ne acchiappo uno e lo sbatto fuori, e poi l'impiego sarà mio, pensava mentre correva verso una scrivania defilata.



Si trovarono faccia a faccia, si riconobbero. Il figlio esitò per un centesimo di secondo, il padre approfittò per spazzargli via le gambe con un calcio, poi lo legò col nastro adesivo e lo trascinò fino al recinto dei perdenti.

Testa di cazzo, disse tra i denti, non sei capace neanche di prendertelo, un lavoro.



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leggetene altri, al gioco di zop



giovedì 14 gennaio 2010

Il ritardo, Rosbree, i picciriddi con la valigia e la vittima professionista





picciriddi abbaliggiati







































































































(foto di Medicineman)







 Così, neanche il tempo di riprendermi dalle vacanze, oggi mi sono ritrovato di nuovo in aeroporto. Mentre aspettavo (e poi avrei aspettato veramente tanto) che chiamassero l'imbarco del volo, ho visto passare molte persone che conosco. Alcune di loro si sono anche fermate a salutarmi, altri mi guardavano facendo un cenno con la testa, come a dire che stavano penosamente trascinandosi fino all'imbarco in colpevole ritardo, e che non potevano assolutamente sostare e scambiare qualche parola con me. Che in linea di massima, preferisco starmene seduto, evitando di stressarmi a guardare di continuo il tabellone con gli orari, e magari leggere un  libro con gli auricolari indosso.



Una specie di camuffamento che però identifichi bene che razza di persona sgradevole che sono. Uno che non vuole dare troppa confidenza al prossimo. Nel frattempo che leggevo (l'ipod non me lo sono portato stavolta, ho dimenticato di metterlo in carica ierisera), ho visto passare la coppia comica ( Ficarra&Picone, poverini, visti così in aeroporto non sembrano effettivamente comici ), sarà la terza volta che li incontro quest'anno. Alla prossima li saluto, vediamo che effetto farà. Seduti ad un paio di posti dal mio, in attesa dello stesso volo, c'erano un ragazzo ed una ragazza, diretti al Nord, al rientro alle loro cattedre di insegnante dopo la pausa estiva. Lei ad un certo punto ha ricevuto un sms, dopodichè ha cominciato a piagnucolare, versandosi addosso il miele appiccicoso della vittima di professione. Povera, misera, unica disgraziata costretta a recarsi fin nella lontana Verona per il suo incarico annuale di insegnante. Ha passato il limite delle lamentele, e così mi sono spostato di sedia.

Ho ripreso a leggere, ad un certo punto ho alzato gli occhi ed una magnifica ragazza, piena di salute e ottimismo, mi ha salutato con un cordialissimo ciao. Avrà subito capito che, visto che ormai tendo alla demenza senile, non l'avevo riconosciuta e mi ha detto, passando oltre “sono Rosbree, ti ricordi, ci conosciamo dallo spinning”. Che mi sono sentito moderatamente deficiente, oltretutto è la seconda volta che la incontro in aeroporto. E' che magari se la vedessi abbigliata da bicicletta la riconoscerei subito, invece con la divisa seria, blu e bianca, di addetta al banco dell'aeroporto, proprio non mi riesce di focalizzare. Peccato, prometto però di stare più attento. E' anche possibile che la prossima volta Rosbree non mi saluti per niente, ma non si sa mai.



E comunque, la divisa le sta benissimo. 



Mentre aspettavo, e le pagine del libro di Murakami Haruki scorrevano una dopo l'altra, anche perchè come al solito eventi imprevedibili come l'atterraggio di un ufo all'areoporto di Palermo ritardavano l'arrivo dell'aeromobile, mi sono passati davanti alcuni picciriddi viaggiatori, con la loro microvaligia d'ordinanza. Certo, ho pensato, è un buon imprinting, e da grandi non dovranno lamentarsi, come faccio io, di dovere portare un bagaglio quando si parte. Oppure, ho pensato pure, chissà quanto hanno rotto le balle ai genitori, avendoli visti con il trolley d'ordinanza, per essere dotati pure loro, a mò di giocattolo, di un baby-trolley. Chissà.

Intanto, ho sottolineato alcune frasi del libro, che non è un romanzo o una raccolta di racconti, come solitamente scrive Haruki, ma un saggio. La corsa a piedi come metafora della scrittura. Ci sono alcuni passaggi su cui riflettere, ed altre faccende che mi hanno fatto sentire vicino allo scrittore, nel senso di somigliante, anche se lui è giapponese. Onestamente, somiglio più ad un gorilla che ad un giapponese, per giunta maratoneta cronico, ma non si sa mai.










 

venerdì 8 gennaio 2010

qui non si parla di tifo, difterite o scarlattina

 













Ma semplicemente di come sono bravi gl'Italiani, quelli veri, che come è noto vivono oltre il Po, a scassarci la minchia a quelli che sono diversi. E non sia mai che questi diversi siano pure terroni. Il colmo sarebbe pure che si permettano di parlare, di esprimere un'opinione. E quindi, siccome non sono interista (nè milanista nè di nessun altro colore sportivo), per qualche giorno sarò nero, come lui, e come l'altro, che pur non essendo nero era drammaticamente terùn, e scassarono terribilmente gli attributi pure a lui.

martedì 5 gennaio 2010

nuove frontiere del porno

 







Chiusi i cinema a luci rosse, archiviate le rivistine patinate piene di genitali patinati, dimenticati i dvd hard-core, passati di moda i siti porno gratis, la nuova frontiera è a portata di biglietto aereo. Una indimenticabile esperienza, da esibizionista e da guardone, a seconda delle preferenze. Per i maschietti,passare attraverso un body scanner rivelerà alla poliziotta che sta controllando che l'arma più pericolosa in vostro possesso non è la pistola ma qualcosa nascosto dentro i boxer, così come consentirà di svelare le imbottiture in cotone idrofilo. E se vi piazzerete alle spalle del poliziotto che sta scannerizzando la vostra collega timida, potrete osservarne in dettaglio la conformazione anatomica. Altro che porno, qui siamo nell'ultraporno.

domenica 3 gennaio 2010

venerdì 1 gennaio 2010

Finiti gli anni zero, iniziano quelli uno. Speriamo bene!

 



che augurarci. Felicità, perchè è importante essere felici e la felicità è importante.

Così come è importante condividerla, non tenerla solo per sè stessi.

Ok, si comincia un altro anno. Al lavoro. Schifiate pure questo. (mi riferisco ai soliti noti)